"I sentimenti dolorosi e le emozioni più pungenti, sono
quelli assurdi : l’ansia di cose impossibili, proprio perché sono
impossibili, la nostalgia di ciò che non c’è mai stato, il desiderio di
ciò che potrebbe essere stato, la pena di non essere un altro,
l’insoddisfazione per l’esistenza del mondo.
Tutti questi mezzi toni della coscienza dell’anima creano in noi un paesaggio dolorante,. un eterno tramonto di ciò che siamo.
Il sentirci è allora un campo deserto che imbrunisce, triste di giunchi
accanto a un fiume senza imbarcazioni, nereggiando chiaramente fra rive
lontane.
Non so se questi sentimenti sono una follia lenta dello sconforto, se
sono reminiscenze di un altro mondo che abbiamo conosciuto: reminiscenze
incrociate e mescolate come cose viste in sogno, assurde nell’immagine
che vediamo ma non all’origine, se la conoscessimo.
Non so se sono esistiti altri esseri che noi siamo stati, la cui maggior
completezza sentiamo oggi nell’ombra loro che noi siamo, in un modo
incompleto: perduta la loro solidità e immaginandola appena nelle due
dimensioni dell’ombra che viviamo.
So che questi pensieri dell’emozione addolorano rabbiosamente l’anima.
L’impossibilità per noi di figurarci un qualcosa a cui corrispondano,
l’impossibilità di trovare un qualcosa di sostitutivo alla visione che
esse abbracciano: tutto ciò pesa come una condanna assegnata non si sa
dove o da chi o perchè.
Ma ciò che resta del sentire tutto questo è sicuramente una pena della
vita e di ogni suo gesto, una stanchezza anticipata dei desideri e di
ogni loro maniera, una pena anonima di ogni sentimento.
In questi momenti di sottile dolore è impossibile, perfino in sogno,
essere amante, essere eroe, essere felice: tutto è vuoto, perfino
nell’idea di esserlo.
Tutto è detto in altro linguaggio a noi incomprensibile, semplici suoni di sillabe senza forma nell’intelletto.
La vita è vuota, l’anima è vuota, il mondo è vuoto. Tutti gli dei
muoiono di una morte più grande della morte tutto è più vuoto del vuoto.
Tutto è un caos di cosa nessuna
Se penso questo e guardo per vedere se la realtà mi disseta, vedo case
inespressive, visi inespressivi, gesti inespressivi. Pietre, corpi,
idee: tutto è morto.
Tutti i movimenti sono fermi, la stasi è tutti loro.
Nulla mi dice nulla. Nulla mi è conosciuto, non per la sua stranezza ma perché non so cosa sia.
Il mondo si è perduto.
E in fondo alla mia anima (unica realtà di questo momento) c’è una pena
intensa e invisibile, una tristezza simile al rumore di qualcuno che
piange nel buio di una stanza."
Da “Il libro dell’inquietudine” - F. Pessoa
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