lunedì 5 maggio 2014

La stanza blu

E alla fine ti ringrazio.
E già la parola fine mi fa rabbrividire e mi fa sospirare e mi fa ora respirare.
Appunto, grazie. Per avermi restituito l’aria che avevi nascosto così bene …  non la trovavo più.
Ti ringrazio per le carezze che non mi hai donato, per tutti quei baci scostati, anelati, dimenticati.
Per i tuoi sguardi tiranni. Per le parole mancate, per quelle scagliate come frecce proprio al centro di me.
Grazie per  non avere mai abitato la mia vita fino in fondo, per essere rimasto a un metro dalla porta d’ingresso con una mano alzata verso lei e un pugno chiuso su di me.
E per aver teso una corda che mi ha fatto inciampare -tutti i giorni tutte le ore- e cadere stesa al suolo della nostra camera da letto blu.
Ho lavato le tracce di sangue e il blu di prima è un po’ più chiaro.
Ho spostato le tende e dalla finestra è entrata una voce soffusa che ha chiesto il permesso di restare.
E poi se n’è andata.
Diverse voci hanno bussato alla nostra finestra.  Una voce più  dura ha rotto il vetro e io mi sono ferita.
Di nuovo.
Grazie amore mio per avere scritto almeno una volta che mi amavi. E per avere poi stracciato quel piccolo foglio. L’ho incorniciato.
E grazie per aver dipinto il nostro sogno con una vernice invisibile, avariata, imputridita. Ieri l’ho buttata via. Ho buttato via il suo odore, ho cancellato l’ombra nera della sua memoria che continuava a minacciarmi con un dito puntato, anzi due.
Ti regalo una sola carezza, morbida, profonda e avvolgente. Ti regalo un bacio a occhi chiusi sulla punta delle labbra per non dire nessuna parola- che proprio non ci riesco-
Ti regalo una corda e un paio di forbici. Se non la tagli tu lo faccio io.
Per quel sangue ricordati almeno il suo nome.
Aiutami a stendere un lenzuolo blu sul giorno in cui ci siamo sbagliati. Era l’inizio. O era la fine.

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