E alla fine ti ringrazio.
E già la parola fine
mi fa rabbrividire e mi fa sospirare e mi fa ora respirare.
Appunto, grazie. Per avermi restituito l’aria che avevi
nascosto così bene … non la trovavo più.
Ti ringrazio per le carezze che non mi hai donato, per tutti
quei baci scostati, anelati, dimenticati.
Per i tuoi sguardi tiranni. Per le parole mancate, per
quelle scagliate come frecce proprio al centro di me.
Grazie per non avere
mai abitato la mia vita fino in fondo, per essere rimasto a un metro dalla
porta d’ingresso con una mano alzata verso lei
e un pugno chiuso su di me.
E per aver teso una corda che mi ha fatto inciampare -tutti
i giorni tutte le ore- e cadere stesa al suolo della nostra camera da letto blu.
Ho lavato le tracce di sangue e il blu di prima è un po’ più
chiaro.
Ho spostato le tende e dalla finestra è entrata una voce
soffusa che ha chiesto il permesso di restare.
E poi se n’è andata.
Diverse voci hanno bussato alla nostra finestra. Una voce più dura ha rotto il vetro e io mi sono ferita.
Di nuovo.
Grazie amore mio per avere scritto almeno una volta che mi
amavi. E per avere poi stracciato quel piccolo foglio. L’ho incorniciato.
E grazie per aver dipinto il nostro sogno con una vernice
invisibile, avariata, imputridita. Ieri l’ho buttata via. Ho buttato via il suo
odore, ho cancellato l’ombra nera della sua memoria che continuava a
minacciarmi con un dito puntato, anzi due.
Ti regalo una sola carezza, morbida, profonda e avvolgente. Ti
regalo un bacio a occhi chiusi sulla punta delle labbra per non dire nessuna
parola- che proprio non ci riesco-
Ti regalo una corda e un paio di forbici. Se non la tagli tu
lo faccio io.
Per quel sangue ricordati almeno il suo nome.
Aiutami a stendere un lenzuolo blu sul giorno in cui ci
siamo sbagliati. Era l’inizio. O era la fine.
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